è ora “prevedibile” con un esame del DNA

 

Quella che fino ad oggi, per il suo «arrivo» improvviso, era definita la «malattia che viene dal nulla» potrà essere identificata quando non si hanno ancora i sintomi

di Adriana Bazzi, Corriere Salute 29 ott 2018
 

Nel suo libro «L’imperatore del male. Una biografia del cancro», l’oncologo americano Siddartha Mukherjee ha descritto la leucemia mieloide acuta (Lma) come «una delle più esplosive e violente incarnazioni del cancro», una malattia che «sembra venire dal nulla». E in effetti i pazienti raccontano: «Sono stato bene fino a tre settimane fa»; «I miei esami del sangue erano perfetti sei mesi fa. Che cosa è successo?» È successo che le cellule staminali ematopoietiche del loro midollo osseo, quelle che danno origine a tutti gli elementi del sangue (globuli bianchi, rossi, piastrine, linfociti) «sono impazzite», hanno preso a moltiplicarsi, hanno invaso il midollo osseo e il sangue, impedendo a tutte le altre di funzionare. Rendendo così questa malattia una delle più difficili da controllare con le terapie.

 

La scoperta

Ma le cose stanno cambiando rispetto a quello che Mukherjee scriveva nel 2010. Lo testimonia un articolo , comparso su Nature nel luglio scorso a firma del ricercatore israeliano, Liran Shlush (e altri colleghi fra cui anche l’italiana Silvia Polidoro dell’Istituto Italiano di medicina genomica di Torino). Ecco il titolo: «Previsione del rischio di Lma in persone sane»: la malattia, quindi non verrebbe più «dal nulla», ma sarebbe preannunciata da una serie di alterazioni del Dna che possono essere intercettate anni prima. È questo che gli studi di Shlush hanno dimostrato. Il ricercatore del Dipartimento di Immunologia del Weizmann Institute of Science di Rehovot (Tel Aviv) sarà presente a Genova al Festival della Scienza (in programma dal 25 ottobre al 4 novembre) dove parlerà delle sue scoperte in una lettura magistrale. «Le ultime ricerche hanno evidenziato che esiste uno stadio asintomatico della malattia che può essere identificato attraverso l’analisi di mutazioni del Dna che vengono acquisite con l’età», spiega Shlush .

 

Il meccanismo

Qui il ragionamento si fa un po’ complesso. Allora: le cellule staminali ematopoietiche vanno incontro, con il passare degli anni, a una serie di mutazioni (l’insieme di queste si chiama Arch, age-related clonal hematopoiesis). «Queste ultime sono presenti in almeno il 30 per cento degli individui sani — precisa Shlush —. Nella maggior parte dei casi non hanno significato, ma in altri, invece, possono predire il rischio di leucemia». Shlush è andato a studiare la genealogia di queste mutazioni confrontando quelle di 95 pazienti che poi hanno sviluppato una leucemia con quelle di 414 pazienti che, invece, non sono andati incontro alla malattia. Così ha scoperto che i primi presentavano più mutazioni Arch e di tipo diverso rispetto agli altri. «Queste mutazioni “predittive” possono essere individuate dai 10 ai 20 anni prima che la malattia si manifesti», sottolinea il ricercatore israeliano.

 
Terapie preventive

Che cosa può cambiare tutto questo nella pratica clinica? Molto, se si pensa che oggi questa malattia può essere affrontata solo con pesanti chemioterapie ed eventualmente un trapianto di midollo, anche se si affacciano nuovi farmaci che sembrano avere qualche effetto. «Adesso possiamo identificare gli individui che sono destinati a sviluppare la malattia, seguirli nel tempo ed eventualmente studiare una terapia preventiva — spiega ancora Shlush —. Così, invece di aspettare che la leucemia uccida, possiamo attaccarla nel suo stadio di pre-malignità. Si può ipotizzare di ricorrere a farmaci, alcuni magari già in uso, capaci di neutralizzare le alterazioni genetiche in gioco. Parliamo di un futuro molto vicino e stiamo ora pensando di lanciare il primo studio clinico sulla prevenzione di questo tumore».

 

Cure attuali inefficaci

Per capire quanto sia grande l’impatto di questa ricerca vale la pena di sottolineare alcuni aspetti. «Il primo è che la Lma — precisa il ricercatore — è un cancro difficile da controllare e colpisce soprattutto gli anziani con una prevalenza di una persona su 5 mila». «Un secondo aspetto è che le terapie attuali — continua il Shlush — prevedono la somministrazione di chemioterapici che hanno un effetto positivo iniziale nel 70 per cento dei pazienti, ma poi falliscono. La mortalità è superiore al 90 per cento quando colpisce persone sopra i 65 anni». Le ricerche dello scienziato israeliano hanno impressionato la comunità scientifica (a maggior ragione per il fatto che sono state confermate da altri studi) e un editoriale, a firma Koichi Takahashi dell’ MD Anderson Cancer Center di Houston, comparso sulla rivista Cell Stem Cell parla, nel titolo, di «Predire l’imprevedibile».

 

Il costo e i limiti dei test genetici

Ma sottolinea anche i problemi da risolvere nel tradurre in pratica queste scoperte. Innanzitutto il costo degli screening genetici. Poi il fatto che questi test non intercetterebbero il rischio nei più giovani che non hanno queste mutazioni (il dieci per cento dei casi riguarda loro). Infine: alcune mutazioni Arch possono essere modificate da fattori ambientali. Detto ciò, Slush ha cambiato un paradigma: la leucemia mieloide acuta non è più imprevedibile e può essere prevenibile.

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