Definizione della malattia

Il midollo osseo è costituito da cellule che moltiplicandosi e maturando generano gli elementi circolanti nel sangue, cioè i globuli rossi, i globuli bianchi e le piastrine. Le sindromi mielodisplastiche, insorgono in genere dopo i 60-70 aa e sono un gruppo di malattie del midollo osseo  caratterizzate dalla incapacità delle cellule midollari di crescere e maturare, per cui nel tentativo di compiere il loro lavoro queste cellule crescono a numericamente ma restano difettose e non riescono a produrre un numero sufficiente di globuli rossi, bianchi e piastrine. Tale situazione si definisce  “citopenia”. La citopenia può coinvolgere i globuli rossi (anemia), le piastrine (piastrinopenia), o un tipo di globuli bianchi, detti granulociti neutrofili (neutropenia). Per poter fare questa diagnosi è necessario prelevare qualche goccia di sangue midollare. Questo esame si chiama aspirato midollare. Se si osserva il midollo al microscopio le cellule difettose presentano anomalie di forma (displasia) da cui deriva il nome mielo(midollo)displasia. A volte si vede un numero elevato di cellule molto immature, patologiche, denominate blasti. Queste sono cellule leucemiche. La percentuale dei blasti è uno dei criteri che contraddistingue le diverse forme di sindrome mielodisplastica, quando è superiore al 20% si parla di evoluzione in leucemia acuta. Sulle gocce di midollo prelevate è possibile fare un altro esame chiamato citogenetica: è l’analisi dei cromosomi delle cellule del midollo osseo, ossia della struttura del DNA cellulare. Infatti in queste patologie sono spesso rilevabili delle alterazioni di grandi frammenti di DNA che determinano anomalie della struttura cromosomica o anomalie del numero  degli stessi per aggiunta o perdita di interi cromosomi  . Alcune di queste alterazioni sono associate a maggior rischio di evoluzione leucemica; altre invece sono considerate prognosticamente favorevoli.

A scopo di ricerca è possibile studiare anomalie (mutazioni) di piccolissime porzioni di DNA, chiamate geni, utilizzando tecniche di biologia molecolare. Alcune di queste mutazioni determinano caratteristiche particolari di malattia e influenzano la prognosi in modo sfavorevole  o sfavorevole. Sono in corso molti studi scientifici per capire il reale significato di queste mutazioni, per tale motivo al momento gli esami finalizzati alla loro ricerca non sono utilizzati nella pratica clinica.


Classificazione

Col termine sindromi mielodisplastiche si intende un  gruppo di malattie che possono essere molto diverse fra loro sia per il quadro clinico che per gravità e aspettativa di vita. Pertanto esiste una classificazione, cioè un elenco delle varie forme diviso in gruppi di malattie simili. Le classificazioni sono continuamente aggiornate in base alle conoscenze più recenti. La classificazione in vigore è quella dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO) pubblicata nel 2016. Le mielodispasie vengono divise in gruppi in  base al numero di blasti presenti nel sangue periferico e nel midollo osseo, alla displasia delle cellule  midollare, e alla presenza di anomalie cromosomiche peculiari. Vengono così suddivise in: “MDS con displasia unilineare” (la displasia coinvolge solo la linea dei globuli rossi, o dei globuli bianchi o delle piastrine), “ MDS  con displasia multilineare” (tutte le linee cellulari hanno displasia), “MDS con sideroblasti ad anello” ( i precursori dei globuli rossi midollari presentano particolari accumuli di ferro), “MDS associata ad alterazione 5q- isolata” (particolare anomalia del cromosoma 5), “MDS con eccesso di blasti di tipo I” e “di tipo II” (nel tipo I i blasti midollari sono <10%, nel tipo II sono <20%), e  MDS inclassificabile.


I sintomi della malattia

I sintomi sono dovuti al tipo di “citopenia”. Il pz che presenta anemia sarà pallido, avrà facile affaticabilità, affanno, specie sotto sforzo, tachicardia. Se le piastrino sono inferiori a 20.000 possono comparire segni di emorragie come ecchimosi, petecchie (piccoli puntini rossi specie agli arti inferiori o in aree strette da elastici), sangue dal naso (epistassi), dalle gengive (gengivorragi) o qualsiasi altra forma di sanguinamento. Se i granulociti neutrofili sono inferiori alla norma si ha una compromissione della difese immunitarie e si possono sviluppare infezioni più frequenti e più gravi rispetto alla norma.


La diagnosi

Il sospetto di sindrome mielodisplastica si ha in caso di evidenza della riduzione della sostanza contenuta nei globuli rossi, ossia l’emoglobina, di riduzione delle piastrine o di riduzione dei globuli bianchi, in particolare i granulociti neutrofili. Tali alterazioni sono riscontrate facendo un esame del sangue (esame emocromocitometrico).  Il sospetto di sindrome mielodisplastica si rafforza qualora il medico escluda con ulteriori esami altre possibili cause di citopenia (es. carenza di ferro o di vitamine come acido folico e vitaminia B12, oppure presenza di patologie autoimmuni, infezioni virali, ipotiroidismo etc.). Allora vi è indicazione ad eseguire l’esame del midollo osseo per porre la diagnosi. L’aspirato midollare si può eseguire in ambulatorio, dura pochi minuti. Il medico somministra una anestesia locale nella spina iliaca postero superiore del bacino, approssimativamente nell’area in cui si eseguono le iniezioni intramscolari. Dopo l’anestesia si punta un ago nella stessa spina ossea e da lì si aspirano poche gocce di sangue per eseguire l’esame morfologico (al microscopio) e l’analisi dei cromosomi (citogenetica).


La prognosi

Le mielodisplasie tendono a modificarsi nel tempo aggravandosi. Può essere difficile dire cosa succederà nei mesi o negli anni successivi, purtroppo spesso tendono a trasformarsi in leucemie acute, ma in un tempo molto variabile che va da pochi mesi ad alcuni anni. Alcune forme invece non modificano l’aspettativa di vita di un paziente già anziano. Per valutare la gravità della malattia, l’aspettativa di vita ed il rischio di evoluzione leucemica esistono diversi metodi, basati  su un punteggio (score). Quello più utilizzato è stato pubblicato nel 1997 e prende il nome di “International Prognostic Scoring System” o IPSS. Si basa sulla valutazione di tre variabili (numero dei blasti midollari, presenza e tipo di alterazione del cariotipo, numero di citopenie del sangue periferico), cui viene assegnato un punteggio, e la cui somma dà un valore corrispondente all’entità del rischio. Il sistema più recente è il ”Revised- International Prognostic Scoring System” o R-IPPS, pubblicato nel  2012, che è stato validato su casistiche molto ampie di pazienti e considera un ampio numero di anomalie citogenetiche e valuta in modo più preciso le citopenie e la percentuale dei blasti midollari, stratifica i pazienti in 5 differenti classi di rischio in relazione alla sopravvivenza e al rischio di evoluzione in leucemia acuta.


Il trattamento

La terapia delle sindromi mielodisplastiche è determinata dalla valutazione dello score di  rischio di malattia (IPSS e R-IPSS), dall’età del paziente, dalle sue condizioni generali e dalla presenza o meno di altre patologie non ematologiche concomitanti (diabete, malattie cardiache o polmonari, altri tumori etc.).

Non esistono terapie che possano curare in modo definitivo la mielodisplasia. L’unico trattamento in grado di riportare il midollo ad una funzione normale è il trapianto allogenico, in cui si utilizza il midollo di un donatore. Questa procedura è complessa, comporta l’uso di chemioterapia ad alte dosi, un elevato rischio di infezioni ed emorragie gravi, si può instaurare un reazione di rigetto (graft) che il midollo donato effettua verso l’organismo ricevente causando gravi danni a tutti gli organi. Le complicanze di un trapianto di midollo possono essere fatali. La mortalità da trapianto diventa molto alta nei pazienti anziani o che abbiano altre patologie oltre alla mielodisplasia. Pertanto il trapianto di midollo viene riservato a casi molto selezionati.

Anche se non ci sono terapie davvero curative oltre il trapianto, ci sono molte cose che si possono fare per fare in modo che un paziente affetto da mielodisplasia possa vivere bene e il più a lungo possibile come si fa con le  malattie croniche.

Se il paziente non ha disturbi,  i valori del sangue sono vicini alla norma e il calcolo dello score evidenzia una forma a basso rischio può non essere necessario iniziare una terapia. Il pz eseguirà solo dei controlli periodici.

Nelle forme a basso rischio con sintomi o significativa carenza di elementi del sangue si inizia un trattamento che ha lo scopo di migliorare la qualità di vita, cioè di ridurre i sintomi causati dalle citopenie. L’anemia (che è una carenza di emoglobina, cioè di globuli rossi) in alcuni casi può essere curata somministrando per via sottocutanea l’eritropoietina. E’ una sostanza prodotta dal rene che stimola la crescita dei globuli rossi. Se l’anemia è causata da una mielodisplasia con anomalia del cromosoma 5 si può utilizzare un farmaco chiamato lenalidomide. Si tratta di compresse che si assumono per bocca e che possono normalizzare la funzione nel midollo, ma solo se è presente la specifica anomalia del cromosoma. Nei casi in cui le terapie non funzionino o non siano indicate è sempre possibile eseguire trasfusioni di globuli rossi per correggere l’anemia. Le trasfusioni devono essere ripetute in media ogni due o tre settimane perché i globuli rossi muoiono e devono essere rinnovati. Una complicanza associata ad un continuo supporto di trasfusioni di sangue è l’accumulo di ferro (metallo contenuto in alta concentrazione proprio nei globuli rossi), il ferro si deposita nel cuore, nel fegato, nel pancreas e in alcune ghiandole provocando seri danni. Alcuni malati muoiono per complicanze cardiache e non per la mielodisplasia. E’ quindi importante curare anche questo aspetto. Esistono dei farmaci che aiutano l’organismo a eliminare il ferro: la deferoxamina che si somministra sottocute e il deferasirox in compresse. Questi farmaci vengono consigliati ai pazienti che devono essere continuamente sottoposti a trasfusioni.

Nei pazienti che presentano emorragie si utilizzano trasusioni di piastrine, queste però vengono limitate ai casi di assoluta necessità perché col tempo possono verificarsi delle reazioni allergiche che rendono la trasfusione inefficace. In alcuni pazienti in cui il midollo si è impoverito è possibile utilizzare farmaci che agiscono sul sistema immunitario. Nelle forme ad alto rischio di trasformazione leucemica,  la tendenza è invece quella di intervenire con terapie in grado di modificare la storia naturale della malattia. Nei pazienti in cui il trapianto di midollo è troppo rischioso per età o presenza di importanti patologie associate può essere preso in considerazione l’utilizzo di un farmaco ipometilante (5-azacitidina) che si somministra per via sottocutanea per sette giorni al mese. Questo farmaco agisce migliorando il funzionamento del midollo, tende a far sì che le cellule crescano e maturino in modo normale. Lo scopo di questa terapia è quello di correggere l’anemia, abolendo la necessità di trasfusioni, di incrementare il numero delle piastrine e migliorare la qualità di vita del paziente. In alcuni casi il midollo normalizza e scompaiono i blasti. Ma anche se questo non succede, in ogni caso in cui si verifica un miglioramento di globuli rossi o delle piastrine si ritarda nel tempo il rischio evoluzione leucemica. Questa terapia non deve essere sospesa fino a che è efficace.

La ricerca medica è in continua evoluzione  e nell’ambito delle mielodisplasie ci sono farmaci in fase di sperimentazione. Pertanto ad alcuni pazienti che non hanno più beneficio dalle terapie utilizzate, può essere proposta  una sperimentazione clinica.

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