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EVENTO SPECIALE AIPaSiM

17.12.2022

Verso il 2023: Cosa aspettarsi nella cura delle Sindromi Mielodisplastiche

I Medici del Comitato Scientifico AIPaSiM rispondono ai Pazienti

 

L’evento è terminato, ci auguriamo abbia soddisfatto le tue aspettative.

Se desideri rivedere il Webinar puoi farlo in ogni momento sul nostro canale YouTube 👉Clicca qui

Webinar highlights

Cari associati ed amici,
ecco come al solito un breve sunto delle tematiche toccate dagli esperti presenti durante il webinar del 17 dicembre 2022

  • E’ stato richiesto alla prof.ssa Valeria Santini di riportare le novità dall’ASH (American Society of Hematology), il più importante congresso annuale per gli ematologi che vi afferiscono da tutto il mondo. Ha destato, peraltro, grande emozione tra i medici e ricercatori presenti che, dopo la pandemia di Covid, fosse finalmente anche “in presenza”, favorendo così maggiormente i rapporti personali ed aumentando le possibilità di collaborazioni di ricerca. La prof.ssa Santini ha sottolineato come nelle Sindromi Mielodisplastiche la medicina si avvii sempre più verso una terapia personalizzata per ogni paziente, grazie alla ricerca nel paziente stesso di alterazioni molecolari su cui nuovi farmaci possano agire. Diversi farmaci sono in fase sperimentale ancora abbastanza precoce (fase I e II), e quindi per poterne usufruire, qualora si rivelassero efficaci, ci vuole ancora tempo. Si è parlato molto della formulazione orale di azacitidina che é già in uso negli USA e che dovrebbe arrivare presto anche in Europa. La formulazione orale permetterebbe meno ricoveri in Day Hospital ed una gestione più comoda a domicilio per il paziente, con un sicuro miglioramento della qualità di vita.
  • Il prof. Matteo Della Porta ha presentato all’ASH lo studio italiano (con il numero di pazienti più elevato finora presentato ai congressi) di come sono andati i pazienti con sideroblasti ad anello, che hanno assunto luspatercept in Italia, da quando il farmaco é diventato disponibile per il SSN. I dati dello studio di registrazione sono stati pienamente confermati anche nella pratica reale (non sempre avviene!) delle ematologie italiane, sia per quanto riguarda l’efficacia sia per la presenza di modesti effetti collaterali che lo rendono un farmaco maneggevole anche a dosaggi incrementali. Un secondo dato importante che è emerso è che si ottengono risposte migliori in chi non é stato troppo trasfuso precedentemente; in questi pazienti aumenta la probabilità di avere una risposta completa con lunghi periodi di sospensione dalle trasfusioni o con necessità di trasfusioni sporadiche; se ricompare necessità trasfusionale si é visto che conviene provare ad insistere, eventualmente aumentando il dosaggio, perché il farmaco può tornare nuovamente efficace.

Sono state numerose le telefonate del pubblico on line.

  • È stato chiesto al dott. Carlo Finelli cosa fare per un paziente di 78 anni non candidabile a trapianto, in cui il trattamento con azacitidina comincia a perdere di efficacia.
    In questo caso è utile poter accedere a studi clinici, per potere usufruire di farmaci in sperimentazione non ancora disponibili in Italia
  • Chi può entrare negli studi clinici? I pazienti devono avere caratteristiche stringenti, non presentare comorbidità, devono essere rivalutati in maniera completa con aspirato midollare e citogenetica per verificare le caratteristiche necessarie per potere entrare nello studio. La prof.ssa Valeria Santini invita a discutere queste eventuali possibilità con l’ematologo curante che meglio conosce il paziente e la sua storia clinica.
  • Si può fare luspatercept al posto di lenalidomide? Il dott. Luca Maurillo risponde che non é possibile perché i due farmaci sono specifici per due alterazioni molecolari diverse, per MDS con sideroblasti ad anello é indicato luspatercept, mentre per chi ha la delezione 5q é specificamente efficace la lenalidomide.
  • Una paziente in terapia con lenalidomide ha chiesto se in caso di risposta è possibile sospenderla. Purtroppo, questo non é ancora chiaro, ma é in corso uno studio in Italia per valutare questa possibilità
  • Al dott. Maurillo é stato chiesto se ci sono novità per i pazienti ad alto rischio, che vengono trattati correntemente con l’azacitidina, con risposte globali nel 40-50% dei casi e remissioni complete (non necessità di trasfusioni) nel 25-30%. Gli studi attuali stanno valutando di utilizzare l’azacitidina in associazione con altri farmaci per incrementarne l’efficacia, particolarmente con venetoclax a dosi ridotte rispetto all’utilizzo nelle leucemie mieloidi acute.
  • Alla richiesta su quando iniziare azacitidina in pazienti ad alto rischio per cariotipo complesso, ma con emocromo stabile e con buona qualità di vita, il dott. Finelli evidenzia che in presenza di cariotipo complesso, quindi a cattiva prognosi, per prima cosa si devono valutare le indicazioni trapiantologiche, limitate dall’età (fino a 75 anni) e dall’eventuale presenza di co-patologie. L’utilizzo in questo caso di azacitidina potrebbe rallentare il peggioramento del quadro ematologico.
    Riguardo al trapianto il dott. Maurillo ha sottolineato come proprio l’azacitidina possa costituire un “ponte” al trapianto, riducendo la percentuale di blasti nel midollo e migliorando l’emocromo, permettendo così di affrontare il trapianto nelle migliori condizioni cliniche.
  • Al prof. Giuseppe Palumbo é stato chiesto di fare il punto sul Covid per i nostri pazienti. Covid non è più così aggressivo, anche perché le vaccinazioni hanno nettamente ridotto le forme severe; di questo dobbiamo tenere conto e continuare con le vaccinazioni (dosi booster), che aiutano in particolare i pazienti con immunodepressione che accompagna usualmente le MDS. Il vaccino è protettivo fino a 4 mesi dalla somministrazione poi comincia lentamente a decadere, ecco perché periodicamente sono finora state necessarie dosi booster.
    È attualmente a disposizione un farmaco in cui sono presenti due anticorpi monoclonali associati, che costituiscono una profilassi contro il virus della durata di sei mesi, ed é riservato ai pazienti più fragili. Il prof. Palumbo ha sottolineato come rimangano importanti l’uso delle mascherine e il distanziamento nei luoghi affollati, ma anche all’interno delle strutture sanitarie.
  • Luspatercept può abbassare la ferritina? Normalmente si riduce la ferritina con i farmaci che legano il ferro in eccesso, i cosiddetti chelanti del ferro. I farmaci (Luspatercept, eritropoietina e lenalidomide) riducono o annullano la necessità di trasfusioni perché agiscono direttamente sul midollo, migliorando la produzione dei globuli rossi, e quindi riescono anche a ridurre la ferritina, che si accumula attraverso le trasfusioni.

Annamaria Nosari
Vicepresidente

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