11 luglio 2019
Fin dalla nascita la nostra associazione è stata sempre aperta al contesto internazionale e ha voluto subito inserirsi nella grande famiglia delle associazioni dei pazienti ematologici di tutto il mondo. Per questo motivo per il terzo anno consecutivo AIPaSiM ha partecipato al Congresso annuale dell’Associazione Europea dell’Ematologia (EHA24). La rappresentanza dei pazienti ematologici è ancora molto ridotta (una sessantina dei cosiddetti patient advocates tra 12.000 partecipanti totali) ciononostante la voce dei pazienti è stata sentita e ascoltata.Le sedute organizzate dai gruppi dei pazienti sono state molto seguite dai professionisti del settore sanitario.
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Il programma, ricco di contenuti interessanti e di attualità, ha toccato aspetti scientifici e regolatori. È stato ad esempio affrontato l’argomento dell’approvazione dei nuovi farmaci in modo tale da rendere il processo più orientato verso il paziente e meno verso il farmaco. Inoltre, il tema dei patient-reported outcomes (PRO), ovvero esiti e risultati riportati dai pazienti su determinati sintomi o effetti collaterali di una terapia specifica, non poteva mancare nell’agenda delle sessioni organizzate dai patient advocates. È infatti una nuova frontiera che mette oggi alla prova la comunità ematologica. Spesso il medico e il paziente hanno una diversa percezione dell’impatto di un trattamento sulla qualità di vita di quel paziente. Per questo la raccolta sistemica dei PRO durante la ricerca clinica e in generale durante l’assistenza sanitaria di routine potrebbe aiutare a comprendere meglio una reale efficacia dei trattamenti innovativi e non di rado costosi, oltre a portare a decisioni più consapevoli sulle cure personalizzate. Il rigore metodologico e la standardizzazione della misurazione dei PRO sono essenziali per avere risultati scientificamente validi e riproducibili.
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Un altro argomento piuttosto interessante affrontato al congresso riguarda la conservazione del cordone ombelicale e l’importanza delle banche pubbliche del sangue cordonale. Le cellule staminali del cordone ombelicale hanno un grado di staminalità maggiore rispetto a quelle del midollo e quindi possono dare origine a diversi tipi cellulari e replicarsi con una capacità superiore. Tutto ciò, ad esempio, permette di diminuire il numero di ricadute e il tasso della GvHD (la malattia del trapianto contro l’ospite), due complicanze che possono accadere dopo il trapianto allogenico da sangue midollare. Secondo le normative vigenti in Italia, le cellule staminali del cordone possono essere donati alla collettività oppure conservati in una banca estera per proprio conto. Pochi sanno che esiste una terza opzione – la conservazione del cordone ombelicale a scopo dedicato in una banca pubblica italiana. La possibilità del prelievo dedicato è riservata ai casi di neonati o loro familiari colpiti da malattie curabili con le cellule staminali, tra cui rientra anche la sindrome mielodisplastica. Per maggiori informazioni si consiglia di consultare il proprio ematologo di fiducia.
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La questione tanto discussa all’EHA24 e sulla quale è importante soffermarsi più in dettaglio concerne l’health technology assessment (HTA), ovvero la valutazione delle tecnologie sanitarie. Per tecnologia sanitaria si intende ogni aspetto di assistenza sanitaria, come farmaci, procedure, test diagnostici, dispositivi, programmi per la prevenzione della malattia. L’HTA è un modello di valutazione che esamina conseguenze a breve e lungo termine dell’uso di una tecnologia dell’assistenza sanitaria. È un’analisi dei costi e benefici basato sulle evidenze con criteri oggettivi. Tale forma di ricerca aiuta il processo decisionale riguardante l’introduzione e l’implementazione di tecnologie o interventi sanitari a livello nazionale dopo la procedura dell’autorizzazione europea all’immissione in commercio. Questi ultimi vengono esaminati da vari punti di vista: medico, economico, organizzativo, sociale ed etico. Tale approccio multidisciplinare aiuta ad allocare le risorse economiche in modo più ottimale per rendere il sistema sanitario efficiente e affidabile. I pazienti, essendo i principali beneficiari di simili tecnologie non possono non essere coinvolti in questi processi valutativi.
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A livello europeo, l’HTA è stata prima riconosciuta come una priorità politica nel 2004 e poi istituzionalizzata con la creazione di un meccanismo di cooperazione tecnica e scientifica, European Network for Health Technology Assessment (EUnetHTA). Grazie all’EUnetHTA la cooperazione volontaria tra le istituzioni responsabili per l’HTA sia a livello nazionale sia regionale facilita lo scambio di informazioni tra i paesi membri. Tale cooperazione vuole dare un valido supporto ai processi decisionali a livello locale ed evitare inutili duplicazioni delle valutazioni delle tecnologie fatte in più paesi. In Italia la valutazione delle tecnologie sanitarie comincia a prendere piede nel 2005 ma la centralità della valutazione delle tecnologie sanitarie per il governo del settore dei dispositivi medici e dei farmaci nell’ambito del servizio sanitario nazionale è stata sancita solo cinque anni fa. La legge di stabilità per il 2015 ha infatti istituito il “Programma nazionale di HTA dei dispositivi medici” per creare una rete nazionale, coordinata dall’AGENAS, di collaborazione tra le regioni per la definizione e per l’utilizzo di strumenti per il governo dei dispositivi medici e per HTA.
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A dicembre 2016 è uscita un’interessante indagine condotta dalla Società Italiana di Health Technology Assessment (SIHTA), su richiesta dell’AGENAS. Il quadro emerso da questa indagine conoscitiva che prende in considerazione regolamentazione e processi operativi adottati, rivela parecchie criticità in termini di coinvolgimento delle associazioni dei pazienti.
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Al momento della pubblicazione dell’analisi solo 11 regioni avevano regolamentato l’HTA. Ciononostante solo 5 di queste prevedevano i meccanismi di coinvolgimento dei vari stakeholder. Inoltre nella maggioranza dei casi i suddetti meccanismi non erano proceduralizzati o quanto meno standardizzati. È curioso notare che tante regioni avevo dichiarato di utilizzare nel processo valutativo le linee guida e gli strumenti metodologici sviluppati dall’EUnetHTA. Gli aspetti riguardanti la percezione dei pazienti insieme all’analisi etica fanno parte integrante dell’EUnetHTA HTA Core Model, la metodologia appunto sviluppata per consentire una valutazione dettagliata e multidisciplinare. Ma purtroppo proprio le associazioni dei pazienti erano tra le categorie degli stakeholder meno coinvolte nei processi valutativi, che si appoggiavano soprattutto sugli attori interni al sistema (clinici, operatori sanitari, management regionale e aziendale).
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Come giustamente sottolinea la ricerca sull’HTA, una cultura della valutazione in Italia è ancora in fase evolutiva. Tale situazione spiega il fatto che una procedura di coinvolgimento attivo dei pazienti per la valutazione dell’impatto sociale della tecnologia pur essendo stata elaborata non è stata ancora implementata. Quindi fino ad oggi per valutare l’impatto sociale si fa ahimè riferimento all’analisi di letteratura e altri fonti.
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Il paziente tuttavia deve essere sentito e coinvolto nei processi valutativi in quanto beneficiario della tecnologia sanitaria. È proprio il paziente a conoscere personalmente l’impatto di una malattia e a saper comunicare i benefici o gli effetti indesiderati di una tecnologia sanitaria. È augurabile quindi una maggiore apertura delle agenzie responsabili dell’HTA alle associazioni dei pazienti perché senza il loro contributo le valutazioni non potranno essere considerate pienamente attendibili.
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Ksenia Belykh, Milano
Per approfondimenti: