Messo a punto un test genetico che permette di individuare i casi di sindromi mielodisplastiche a maggior rischio di evolvere in leucemia acuta: una conoscenza importante per avviare il percorso terapeutico migliore.

Non sempre i tumori si manifestano all’improvviso. L’insorgenza di una leucemia acuta, per esempio, può essere preceduta da una sindrome mielodisplastica o mielodisplasia, una condizione nella quale il midollo osseo non produce come dovrebbe una o più linee cellulari del sangue, come globuli rossi, globuli bianchi o piastrine. D’altra parte, non sempre una sindrome mielodisplastica evolve in leucemia. Riuscire a conoscere il prima possibile quanto è alto il rischio di trasformazione tumorale è molto importante per mettere in campo la strategia terapeutica migliore. Va proprio in questa direzione il lavoro di un gruppo internazionale di ricerca guidato da Mario Cazzola del Dipartimento di medicina molecolare dell’Università di Pavia e della Clinica ematologica della Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo di Pavia, che ha definito una firma genetica in grado di predire il rischio che una mielodisplasia si trasformi in leucemia acuta. Il lavoro, realizzato grazie al sostegno di AIRC, è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista Blood.

I ricercatori hanno analizzato il profilo di espressione genica delle cellule staminali del midollo osseo di un gruppo di pazienti con varie forme di mielodisplasia. In pratica, grazie a sofisticate tecniche d’indagine, hanno osservato quali geni, tra tutti quelli presenti, risultano attivi. Hanno così scoperto che alcuni pazienti presentavano un’aumentata espressione di geni coinvolti nella linea cellulare che porta alla produzione di globuli rossi e piastrine, mentre altri presentavano geni coinvolti ancora più a monte nel processo di produzione di tutti gli elementi del sangue. Hanno inoltre osservato che questi ultimi avevano una prognosi peggiore, con maggiore tendenza a sviluppare leucemia. I risultati ottenuti sono stati confermati in un altro gruppo di pazienti e in un altro tipo di cellule, quelle mononucleate del midollo osseo, più facili da ottenere rispetto alle staminali.

Ora Cazzola e colleghi stanno sviluppando un kit di facile utilizzo per la definizione della firma genetica delle sindromi mielodisplastiche. “Questo permetterà di stabilire velocemente il percorso terapeutico migliore per ogni paziente” spiega l’esperto. “Se la firma dice che il rischio di evoluzione leucemica è elevato si penserà a un trapianto di midollo o a una terapia sperimentale; altrimenti basterà una terapia meno aggressiva, con minori effetti collaterali”.

Fonte: AIRC – novembre 2017 – Ricerca pubblicata sulla rivista Blood

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