Danilo di Diodoro – Corriere della sera, Neuroscienze 7 febbraio 2019
Scoperto un nuovo e più forte legame tra sonno e sistema immunitario: un gene regola la produzione di proteine che allo stesso tempo inducono il sonno e combattono i batteri. Sono proteine, appartenenti alla categoria delle proteine ad attività antimicrobica (AMP). Si attivano durante le infezioni per contrastare l’azione dei batteri, ma anche inducendo un sonno ristoratore che aiuta l’organismo a superare il momento di difficoltà. Ed è un sonno diverso da quello indotto dalla normale alternanza sonno-veglia: è più profondo e non segue il ritmo notte-giorno.
COME FUNZIONA
«Sappiamo che il sonno segue il ritmo naturale delle 24 ore, il cosiddetto ritmo circadiano, guidato da un orologio biologico», dice Amita Sehgal, professore di neuroscienze dell’Howard Hughes Medical Center Institute dell’University of Pennsylvania, che ha guidato questa ricerca, pubblicata sulla rivista Science. «Ma sappiamo anche che esiste un altro sistema di regolazione del sonno, chiamato “sistema omeostatico” che opera per garantire all’organismo sonno a sufficienza. Di norma i due sistemi lavorano di concerto, ma in alcuni casi il sistema omeostatico sovrasta quello circadiano, così se una persona per qualche motivo resta sveglia tutta la notte, sarà indotta a dormire la mattina seguente, anche se l’orologio biologico direbbe di stare sveglio». Lo stesso accade durante una malattia infettiva, quando si tende a dormire anche durante il giorno per facilitare la guarigione. Una tendenza naturale e benefica a cui l’organismo provvede autonomamente, e che ovviamente non va contrastata. La scoperta è stata fatta sul moscerino della frutta, la Drosophila, ma come per altre scoperte effettuate su questo insetto, è altamente probabile che lo stesso sistema sia operante anche nell’uomo.
L’ESPERIMENTO
Il gene è stato chiamato “nemuri” che in giapponese vuol dire appunto sonno. Il primo ricercatore a scoprire l’esistenza di una sostanza naturalmente presente nell’organismo ad azione ipnogena, ossia capace di indurre il sonno, fu il ricercatore giapponese Kuniomi Ishimori. Si è trattato di una ricerca estremamente complessa che ha coinvolto oltre 8.000 singoli moscerini a ognuno dei quali era stata potenziata l’azione di un singolo gene. Poi i moscerini sono stati posti individualmente all’interno di una provetta mentre una sistema a raggi infrarossi monitorava i loro momenti di attività e quelli di riposo, corrispondente al sonno, e rilevando perfino i sonnellini diurni, risultati più frequenti nelle Drosophile di sesso maschile. Di tutti i geni potenziati, solo uno ha dimostrato di incrementare il sonno, il gene nemuri, che fino a quel momento era quasi sconosciuto ai ricercatori. E i moscerini che avevano questo gene attivato sono anche risultati più capaci di resistere una volta esposti all’infezione con diversi ceppi di streptococco.
IL FUTURO
Probabilmente la scoperta del gene nemuri è solo un primo passo verso l’individuazione di un complesso insieme di geni che governa il sistema omeostatico del sonno. Infatti, quando Hirofumi Toda, collaboratore allo studio, ha disattivato il gene con la metodica CRISPR (utilizzata per indurre modifiche puntuali al DNA), i moscerini non hanno perso la capacità di dormire, anche se il loro sonno risultava più leggero e impiegavano più tempo per riaddormentarsi nuovamente. Quindi il sistema deve essere più articolato e dipendente da più geni. Ora la ricerca dovrà proseguire estendendosi ai topi e ad altri mammiferi, per poi costruire un modello che si adatti anche agli esseri umani. Tra gli obiettivi di questa linea di ricerca ci sarà ovviamente anche quello di giungere prima o poi a mettere a punto tecniche o sostanze finalizzate nello stesso tempo all’induzione del sonno ristoratore e a contrastare le infezioni.