In collaborazione con Redazione Humanitas News pubblicato il 9 settembre 2016

Medicina personalizzata in ematologia, lo studio del genoma neoplastico è in grado di predire il successo del trapianto nelle leucemie acute e croniche. Lo evidenzia uno studio del Gruppo Italiano Trapianti (GITMO), coordinato dal prof. Matteo Della Porta, Responsabile della sezione Leucemie di Humanitas, e pubblicato sulla prestigiosa rivista Journal of Clinical Oncology.

Cosa sono le sindromi mielodisplastiche?

Le sindromi mielodisplastiche sono patologie del midollo osseo (leucemie), caratterizzate da una fase cronica (anemia severa) e, nel tempo, da un’evoluzione acuta.

L’incidenza delle sindromi mielodisplastiche è in costante aumento nella popolazione anziana, e recentemente esse sono state riconosciute come patologie di impatto critico per le politiche sanitarie dalla Società Americana di Ematologia

Quali sono le cure ad oggi disponibili per le sindromi mielodisplastiche?

Il trapianto di cellule staminali rappresenta ad oggi l’unica opportunità di cura. Tuttavia la procedura è gravata da un rischio di mortalità e insuccesso (ripresentazione della malattia). Inoltre parametri clinici tradizionali non sono in grado di predire in modo efficiente l’esito del trapianto nel singolo paziente.

Nuove prospettive di cura

“In anni recenti – spiega il prof. Della Porta – tecnologie avanzate per lo studio del genoma hanno aperto la strada a nuove prospettive terapeutiche, rendendo possibile lo studio dei meccanismi biologici alla base di molte malattie del sangue”.

Il Gruppo Italiano Trapianti (GITMO), ha pubblicato il primo studio che dimostra come l’analisi del genoma neoplastico (ottenuto dalle cellule del sangue) è in grado di predire il successo del trapianto nelle sindromi mielodisplastiche e nelle leucemie acute.

Il progetto – finanziato da AIRC (Associazione Italiana Ricerca sul Cancro), Fondazione Veronesi e Fondazione Cariplo – ha comportato l’arruolamento di 400 pazienti sottoposti a trapianto di cellule staminali. I dati raccolti hanno permesso di individuare tre geni (TP53, RUNX1, ASXL1) che, se mutati, sono inevitabilmente associati a fallimento del trapianto. Lo studio ha inoltre chiarito i meccanismi molecolari che determina la ricomparsa di malattia a distanza di tempo dopo il trattamento.

“Questa scoperta – commenta il prof. Della Porta – ha ricadute cliniche molto rilevanti. Saremo infatti in grado di prevedere quali pazienti potranno trarre beneficio dal trapianto, e di mettere in atto strategie più efficaci per prevenire la recidiva di malattia nei pazienti ad alto rischio”.

“Visti gli incoraggianti risultati dello studio – prosegue il prof. Della Porta – Humanitas University sta sviluppando un test innovativo che, a partire da poche gocce di sangue venoso, in sole 48 ore è in grado di individuare o escludere la presenza di queste mutazioni”.

Il progetto pone le basi per lo sviluppo di programmi di medicina personalizzata nella cura di leucemie acute e croniche, in cui la diagnosi e la scelta del trattamento non dipendono da aspetti clinici, ma dalle mutazioni dei geni presenti nelle cellule del sangue di ciascun paziente. “Auspichiamo che questo cambiamento di paradigma possa avere ricadute importanti sulla qualità e sull’aspettativa di vita dei pazienti con sindromi mielodisplastiche”, conclude il prof. Della Porta.

Fonte: HUMANITAS.it 9 settembre 2016

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