Al via il trial clinico per la terapia CAR-T al San Raffaele di Milano
È partita la sperimentazione con CAR-T CD44v6 per la leucemia mieloide acuta e il mieloma multiplo. Obiettivo: testare sicurezza e tollerabilità
Presentata come grande speranza durante il congresso dell’American Society of Hematology del 2016, sulla base di poche sperimentazioni condotte soltanto negli Stati Uniti soprattutto su pazienti giovani gravissimi ai quali restavano pochi mesi di vita, oggi le «rivoluzionarie» CAR-T continuano a giustificare l’entusiasmo con cui sono state accolte dalla comunità scientifica e le sperimentazioni che man mano giungono al termine dimostrano i notevoli miglioramenti a cui si può arrivare in diversi tipi di cancro. Ora sono disponibili anche in diversi ospedali italiani e da poche settimane è partito il primo studio clinico con terapia CAR-T CD44v6 per la leucemia mieloide acuta e il mieloma multiplo all’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano.
Trattato il primo paziente
«Dopo aver ricevuto l’approvazione ufficiale dell’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa), il primo paziente, affetto da mieloma multiplo, a gennaio è stato infuso poche settimane fa e il trattamento non ha causato nessuna reazione avversa» dice Fabio Ciceri, professore di Ematologia all’Università Vita-Salute San Raffaele e primario dell’Unità di Ematologia e Trapianto di Midollo Osseo, coordinatore dello studio internazionale multicentrico di fase I/II. La ricerca di nuove terapie contro i tumori va sempre più nella direzione di sostenere e guidare la risposta del sistema immunitario del paziente che già normalmente fornisce la difesa naturale contro il cancro. «Oggi è possibile ingegnerizzare geneticamente le cellule del sistema immunitario, insegnando loro a riconoscere i tumori» spiega Chiara Bonini, ordinario di Ematologia presso l’Università Vita-Salute. Tra i prodotti di queste tecniche di ingegnerizzazione ci sono le terapie CAR-T: i linfociti T del paziente vengono modificati fornendo loro dei recettori costruiti in laboratorio (i cosiddetti recettori chimerici) studiati proprio per riconoscere specifiche cellule tumorali e scatenare l’aggressione dell’organismo nei loro confronti.
CAR-T anti-CD44v6: sperimentazione alle prime fasi
In particolare, nel caso della terapia CAR-T anti-CD44v6, i linfociti T vengono dotati di un recettore che riconosce una specifica molecola (chiamata appunto CD44v6), che è poco espressa nei tessuti sani mentre può essere presente sulla membrana delle cellule del mieloma multiplo e delle leucemie mieloidi acute. CD44v6, oltre a caratterizzare queste cellule tumorali, sembra giocare un ruolo chiave nel loro sviluppo infatti è stato dimostrato dai ricercatori in laboratorio che in sua assenza le due malattie faticano ad attecchire. La sicurezza della terapia con cellule CAR-T è stata ulteriormente realizzata grazie alla dotazione di una sorta di interruttore di emergenza che verrà attivato solo in caso di necessità per far morire le cellule trapiantate nel giro di pochi giorni. «Si tratta di una misura precauzionale che sarà utilizzata in caso di alti gradi di tossicità – aggiunge Fabio Ciceri -. Trattandosi di uno studio di fase I/II , ovvero di prima applicazione nell’uomo, è importante ricordare che la sicurezza e la tollerabilità della terapia sono il nostro obiettivo primario, a cui seguirà l’osservazione dei primi segnali di efficacia terapeutica».
Il progetto EURE-CART
La terapia si basa su oltre 10 anni di ricerca di base svolta nei laboratori dell’Ospedale San Raffaele (sotto la guida di Attilio Bondanza e Monica Casucci) e arriva oggi alla sua prima prova nell’uomo in collaborazione con l’azienda biotech MolMed, specializzata nello sviluppo e validazione clinica di terapie geniche e cellulari. MolMed ha esercitato l’opzione per la tecnologia nel 2015, diventandone proprietaria, e ha sviluppato il protocollo terapeutico all’interno di un progetto Horizon2020 chiamato EURE-CART.La sperimentazione clinica multicentrica di fase I/II, rientra nel progetto europeo EURE-CART Horizon 2020 di cui Molmed è coordinatore. Lo studio prevede la partecipazione di 5 centri clinici: due in Italia (Ospedale San Raffaele, che è centro coordinatore, e Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma) e tre in Paesi europei (Spagna, Germania e Repubblica Ceca). Si articola in due fasi, la prima coinvolge un numero limitato di pazienti adulti, in cui vengono trapiantate quantità crescenti di cellule immunitarie ingegnerizzate, allo scopo di trovare la dose ottimale. Nella seconda fase, che aprirà solo dopo la positiva conclusione della prima e che in Italia vedrà anche il coinvolgimento dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma, saranno trattati sia adulti che bambini. Tutti i pazienti dovranno rientrare in criteri specifici, tra cui la refrattarietà ai trattamenti già disponibili. La ricerca è possibile grazie ai finanziamenti ricevuti da Commissione Europea all’interno del programma Horizon2020 (progetto EURE-CART).
Corriere Salute/Sportello Cancro 24 febbraio 2020
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